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- Calenda teme una depressione economica come nel 1929.
- Manca una politica industriale ed energetica a metà mandato.
- Riforma: creare società rete idrica nazionale, quotata in borsa.
- Rinnovabili: 'sganciare' dal gas e calmierare prezzi energia.
- Ridurre dipendenza estera con piano per termovalorizzatori.
Carlo Calenda, figura di spicco nel panorama politico italiano, ha lanciato un allarme durante il Forum Ambrosetti di Cernobbio, delineando uno scenario economico preoccupante. Secondo Calenda, la combinazione di una distribuzione iniqua della ricchezza e di una crescente dominanza fiscale da parte dello Stato potrebbe innescare una depressione economica paragonabile a quella del 1929. Questa affermazione, sebbene allarmante, merita un’analisi approfondita per comprendere le dinamiche sottostanti e le possibili implicazioni per il futuro economico del paese.
Calenda ha sottolineato come l’intervento sempre più massiccio dello Stato nell’economia, unito a uno squilibrio nella distribuzione delle ricchezze, rappresenti un modello insostenibile nel lungo periodo. La sua argomentazione si basa sull’idea che, quando il valore aggiunto generato dal capitale non viene adeguatamente redistribuito al lavoro, la fiscalità fatica a compensare tale squilibrio. Il capitale, infatti, tende a migrare verso giurisdizioni fiscalmente più favorevoli, rallentando la domanda interna e comprimendo i redditi reali dei cittadini.

Per compensare il calo dei consumi derivante da questa dinamica, i governi tendono ad aumentare la spesa pubblica, alimentando così il debito statale. Calenda paragona questa strategia all’uso di morfina: un palliativo che attenua il dolore immediato, ma non risolve il problema di fondo. L’indebitamento privato, a sua volta, maschera la diminuzione del potere d’acquisto. Tuttavia, l’avvento di nuove dinamiche economiche, come l’intelligenza artificiale, rischia di portare a un punto di rottura, con un debito pubblico insostenibile e privati incapaci di indebitarsi ulteriormente.
Il Giudizio sull’Operato del Governo Meloni
Nonostante un giudizio complessivamente “positivo” sulla capacità del governo Meloni di garantire stabilità finanziaria, Calenda evidenzia una serie di criticità. In particolare, lamenta una mancanza di politica industriale ed energetica a metà del percorso di governo, definendola “una cosa inaccettabile”. Inoltre, critica l’inefficienza degli strumenti a supporto delle imprese e la scarsa apertura del governo ai suggerimenti esterni.
Calenda non esita a definire l’operato del governo Meloni come un “lento declino”. Tuttavia, riconosce che, di fronte a alternative percepite come “pazze”, come la requisizione di case private o l’aumento indiscriminato della spesa pubblica, la Meloni rappresenta la scelta meno peggiore. Ma Calenda non si accontenta di questa dicotomia, proponendo un’alternativa liberale basata su riforme incrementali e un consenso più solido.
- Calenda ha ragione, serve una politica industriale chiara… 👍...
- L'allarmismo di Calenda mi sembra eccessivo e… 👎...
- E se la vera depressione fosse la mancanza di… 🤔...
La Proposta Riformista di Azione
L’approccio riformista proposto da Azione si basa su interventi graduali e mirati, evitando riforme radicali che potrebbero generare resistenze e instabilità. Calenda cita l’esempio dei dipendenti pubblici improduttivi, sottolineando come sia irrealistico pensare di licenziarli in tronco. Piuttosto, propone di creare meccanismi che incentivino la produttività e che impediscano a chi non lavora di “incasinare il paese”.
Un altro esempio di riforma incrementale è rappresentato dalla “fame della bestia”, ovvero la riduzione delle inefficienze e degli sprechi nel settore pubblico. Calenda cita il caso delle aziende idriche italiane, caratterizzate da una frammentazione eccessiva e da una scarsa capacità di investimento. La sua proposta è quella di creare una società della rete idrica nazionale quotata in borsa, in grado di attrarre capitali e di realizzare economie di scala, eliminando al contempo posti di lavoro superflui.
Sul fronte energetico, Calenda ribadisce la necessità per l’Italia di tornare al nucleare, ma nel frattempo propone di “sganciare” le rinnovabili dal gas e di intervenire sulle rendite di posizione delle società idroelettriche, obbligandole a cedere energia a prezzi calmierati alle imprese. Infine, sottolinea l’importanza di dotare il paese di un piano per la realizzazione di termovalorizzatori, al fine di ridurre la dipendenza dall’estero nello smaltimento dei rifiuti.
Riflessioni Conclusive: Oltre la Stabilità, Verso una Crescita Equa e Sostenibile
La diagnosi di Calenda, pur nella sua severità, offre spunti di riflessione importanti sul futuro economico dell’Italia. La stabilità finanziaria, pur essendo un obiettivo imprescindibile, non è sufficiente a garantire una crescita equa e sostenibile nel lungo periodo. È necessario affrontare le cause profonde degli squilibri economici e sociali, promuovendo una distribuzione più equa della ricchezza e incentivando la produttività e l’innovazione.
Un concetto fondamentale da tenere a mente è quello di elasticità della domanda. Questo principio economico ci insegna che la domanda di un bene o servizio può variare in risposta a cambiamenti nel suo prezzo. Nel contesto dell’articolo, se i redditi reali delle persone non crescono, la domanda interna tende a ristagnare, a meno che non si ricorra a misure artificiali come l’aumento del debito pubblico o privato.
Un concetto più avanzato è quello di rendita di posizione. Questo termine si riferisce a un vantaggio competitivo che un’azienda o un individuo detiene grazie a fattori esterni, come una posizione geografica privilegiata, una risorsa naturale scarsa o una regolamentazione favorevole. Calenda denuncia le rendite di posizione delle società idroelettriche, che sfruttano investimenti ammortizzati per vendere energia a prezzi elevati, estraendo valore dalle aziende italiane.
È fondamentale che i cittadini siano consapevoli di queste dinamiche economiche e che partecipino attivamente al dibattito pubblico, chiedendo ai politici di adottare politiche che promuovano una crescita inclusiva e sostenibile. Solo così potremo evitare lo scenario di una “decade persa” e costruire un futuro economico più prospero per tutti.







