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Green deal: È davvero la fine per l’industria italiana?

Le critiche di Confindustria al Green Deal europeo riaprono il dibattito sull'impatto delle politiche ambientali sulla competitività delle imprese italiane e sulla necessità di un approccio più pragmatico.
  • Critiche al Green Deal: Mancanza studio impatto, rischio competitività.
  • Modello Zes: 4,8 miliardi, 28 miliardi investimenti, 35.000 assunzioni.
  • Industria ceramica: Investiti 2 miliardi in 10 anni per qualità aria.

## una “cavolata” o un’opportunità mancata?

Il 22 settembre 2025, durante il 42esimo Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e dell’Arredobagno a Bologna, il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha espresso forti critiche nei confronti del Green Deal europeo, definendolo “la più grande cavolata che abbiamo potuto fare”. Questa affermazione ha riacceso il dibattito sull’efficacia e l’impatto del piano europeo, volto a trasformare l’UE in un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva.

Orsini ha sottolineato la mancanza di uno studio di impatto preliminare adeguato, paragonando l’iniziativa europea al lancio di un prodotto aziendale, dove l’analisi delle conseguenze è fondamentale. Ha poi aggiunto: “Bisogna mettere al centro l’impresa e per farlo servono studi di impatto” sui provvedimenti, prima che siano messi in atto. La sua posizione riflette una crescente preoccupazione tra gli industriali italiani, che temono che le misure previste dal Green Deal possano penalizzare la competitività delle aziende, in particolare quelle energivore come il settore della ceramica.

Il presidente di Confindustria ha inoltre evidenziato la necessità di un “patto di responsabilità sociale tra tutti i partiti” in Europa, sottolineando la sua convinzione europeista e la volontà di un cambio di passo. Ha poi aggiunto che il modello Zes ha funzionato perché è facile, con 4,8 miliardi, 28 miliardi di investimento al Sud, 35.000 assunzioni. In merito al comparto ceramico, Orsini ha evidenziato come questa industria, ad alto consumo energetico, debba orientarsi verso una maggiore efficienza, pur avendo investito 2 miliardi negli ultimi 10 anni per migliorare la qualità dell’aria.

Sebbene siano leader mondiali nel settore, con le attuali restrizioni sulle emissioni di carbonio, la concorrenza diventa insostenibile; pertanto, è imperativo che l’Europa riconsideri attentamente questi aspetti.

Manovra economica e competitività: le proposte di Confindustria

Parallelamente alle critiche sul Green Deal, Orsini ha affrontato il tema della manovra economica, annunciando una collaborazione “concreta” con il Governo. Le imprese, ha assicurato, sono pronte a fare la propria parte, riconoscendo il successo del modello Zes nel Mezzogiorno. In risposta alle domande su un piano da 8 miliardi di euro per rilanciare l’Italia, Orsini ha spiegato che si sta lavorando per capire le risorse rimaste dal Pnrr e la possibilità di rimodularle.

Sul fronte dei salari, il presidente di Confindustria ha ribadito che l’aumento è legato alla produttività, agli incentivi e agli investimenti. “Per aumentare i salari bisogna fare una cosa semplice”, ovvero occorre stabilire accordi che premino la produttività e che siano volti a potenziarla all’interno delle nostre imprese. Inoltre, ha sottolineato l’esigenza di stimoli e capitali per raggiungere tale obiettivo, poiché “non ci dobbiamo dimenticare che dall’altra parte del mondo sono rapidi, veloci e investono”.

Orsini ha anche sottolineato il divario competitivo tra l’Italia e altri Paesi, soprattutto nel settore energetico, chiedendo misure rapide per colmare questo gap. Ha criticato l’Industria 5.0 per non aver supportato adeguatamente settori come quello della ceramica, ribadendo la necessità di sostenere la trasformazione delle imprese per garantire la competitività.

Cosa ne pensi?
  • 🚀 Il Green Deal è un'opportunità, non una minaccia... ...
  • ⚠️ Orsini sbaglia, il Green Deal è una catastrofe annunciata... ...
  • 🤔 Carbon leakage: il vero problema del Green Deal è...? ...

Le reazioni politiche e il futuro dell’energia

Le dichiarazioni di Orsini si inseriscono in un contesto politico in cui il Green Deal è sempre più contestato, non solo dalle destre, ma anche da settori del mondo imprenditoriale. Il ministro dell’Industria, Adolfo Urso, e quello per gli Affari Europei, Tommaso Foti, hanno espresso posizioni simili, accusando il Green Deal di penalizzare l’industria, in particolare quella automobilistica. Tuttavia, alcuni esperti sostengono che il problema non sia il Green Deal in sé, ma la mancanza di una transizione ecologica tempestiva, che ha favorito la concorrenza di Paesi come la Cina.

Nel frattempo, il dibattito sull’energia si fa sempre più acceso. Il World Nuclear Industry Status Report 2025 ha rivelato che la produzione di elettricità solare ha superato quella del nucleare, evidenziando il ruolo crescente delle energie rinnovabili. Nonostante ciò, il nucleare continua a essere oggetto di interesse politico e di investimenti pubblici, alimentando un confronto tra diverse visioni sul futuro energetico del Paese.

Verso un nuovo modello di sviluppo: tra responsabilità e pragmatismo

Le parole di Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, aprono una riflessione cruciale sul futuro del modello di sviluppo italiano ed europeo. Da un lato, emerge la necessità di un approccio più pragmatico e meno ideologico alle politiche ambientali, con una maggiore attenzione all’impatto sulle imprese e sulla competitività. Dall’altro, si sottolinea l’importanza di una responsabilità condivisa tra tutti gli attori sociali e politici, per affrontare le sfide della transizione ecologica in modo efficace e sostenibile.

Il dibattito sul Green Deal e sulla manovra economica evidenzia la complessità delle sfide che l’Italia e l’Europa si trovano ad affrontare. La ricerca di un equilibrio tra obiettivi ambientali, crescita economica e coesione sociale richiede un approccio innovativo e una visione di lungo termine, capace di coniugare le esigenze del presente con le opportunità del futuro.

Un’analisi costi-benefici accurata è essenziale per valutare l’efficacia di qualsiasi politica economica o ambientale. Questo strumento permette di confrontare i benefici attesi di un’azione con i suoi costi, aiutando a prendere decisioni informate e a massimizzare il valore per la società. Nel contesto del Green Deal, un’analisi costi-benefici approfondita potrebbe rivelare quali misure sono più efficienti nel raggiungere gli obiettivi ambientali, minimizzando al contempo l’impatto negativo sulle imprese e sui lavoratori.

Un concetto più avanzato è quello della “carbon leakage”, ovvero il rischio che le imprese, per evitare i costi derivanti dalle politiche ambientali, trasferiscano la produzione in Paesi con normative meno stringenti, vanificando gli sforzi di riduzione delle emissioni a livello globale. Per contrastare questo fenomeno, è necessario adottare misure di coordinamento internazionale e meccanismi di compensazione, come i dazi sul carbonio, per garantire che le imprese siano incentivate a ridurre le emissioni indipendentemente dalla loro localizzazione.

Amici, riflettiamo insieme: le parole di Orsini ci spingono a interrogarci sul modello di sviluppo che vogliamo per il nostro Paese. È possibile conciliare la tutela dell’ambiente con la crescita economica? Quali sono le priorità da definire e le strategie da adottare per affrontare le sfide del futuro? La risposta a queste domande dipende dalla nostra capacità di dialogare, confrontarci e trovare soluzioni innovative, che tengano conto delle esigenze di tutti.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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