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Pet economy: L’iva al 22% sta davvero danneggiando il settore?

Scopri come l'alta tassazione sui prodotti e servizi per animali domestici in Italia frena la crescita del mercato e alimenta l'elusione fiscale, con un confronto impietoso rispetto alle agevolazioni offerte in altri paesi europei.
  • Il mercato pet italiano genera oltre 4 miliardi di euro.
  • L'iva al 22% frena il settore e favorisce il mercato sommerso.
  • Spesa media annua per proprietario: circa 120 euro.
  • Alimenti per animali: crescita del 28% dal 2019.
  • In germania l'iva sugli alimenti è al 7%.

Pet Economy: un settore in fermento

Il mercato degli animali da compagnia in Italia sta vivendo un periodo di notevole espansione, alimentato da una crescente sensibilità verso il benessere animale e da una tendenza sempre più marcata all’umanizzazione degli stessi. Questo fenomeno si traduce in un giro d’affari globale che supera i 220 miliardi di euro, di cui una quota significativa, oltre 4 miliardi di euro, viene generata nel nostro paese. Tuttavia, questa crescita non è esente da ostacoli. L’applicazione dell’aliquota IVA standard del 22% a numerosi prodotti e servizi destinati agli animali domestici, considerati spesso beni di lusso, costituisce un freno allo sviluppo del settore e, secondo gli operatori, favorisce l’emersione di un mercato sommerso, con conseguenti perdite per le casse dello stato e per le imprese che operano nel rispetto delle normative.

La spesa media annua per proprietario di animali domestici in Italia si aggira intorno ai 120 euro, ma questa cifra varia notevolmente in base al tipo di animale e alle sue esigenze. Il 55% della spesa complessiva è destinato all’acquisto di alimenti, mentre il restante 45% è assorbito da servizi e prodotti per la cura, l’igiene, la salute e l’intrattenimento degli animali. Si tratta di un mercato in continua evoluzione, che vede emergere nuove figure professionali e servizi specializzati, come i pet-sitter professionisti, i toelettatori qualificati e persino i fisioterapisti per animali.

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Il settore degli alimenti per animali domestici è particolarmente dinamico, con una crescita del 28% registrata a partire dal 2019. Questa tendenza è trainata dalla domanda di prodotti sempre più personalizzati e di alta qualità, realizzati con ingredienti selezionati e formulazioni specifiche per le diverse esigenze nutrizionali degli animali. L’attenzione alla qualità dell’alimentazione è un segnale di una crescente consapevolezza da parte dei proprietari, che considerano il cibo un elemento fondamentale per la salute e il benessere dei loro amici a quattro zampe.

Iva al 22%: un freno alla crescita e un incentivo all’elusione fiscale

Nonostante il trend positivo, l’IVA al 22% rappresenta un serio ostacolo per il settore. Molti proprietari di animali domestici percepiscono questa tassazione come eccessiva, soprattutto se applicata a prodotti e servizi considerati essenziali per la cura dei loro animali, come ad esempio le visite veterinarie, i farmaci, gli alimenti specifici per patologie o intolleranze, e i servizi di toelettatura. Questa percezione, combinata con la volontà di contenere i costi, può spingere alcuni consumatori a rivolgersi a canali di vendita non ufficiali, alimentando il mercato nero e penalizzando le imprese che operano nel rispetto delle regole.

La difficoltà di quantificare con precisione l’entità del mercato nero rende complessa la valutazione dell’impatto negativo dell’IVA al 22%. Tuttavia, numerosi operatori del settore segnalano l’esistenza di un sommerso significativo, che si manifesta attraverso la vendita di prodotti contraffatti, l’offerta di servizi non dichiarati e l’elusione delle normative fiscali. Questo fenomeno danneggia non solo le imprese regolari, che subiscono una concorrenza sleale, ma anche le casse dello stato, che perdono un’importante fonte di gettito fiscale.

È importante sottolineare che la percezione dell’IVA come un onere eccessivo è particolarmente diffusa tra i proprietari di animali domestici con redditi bassi o medi, per i quali la spesa per la cura degli animali può rappresentare una quota significativa del bilancio familiare. In questi casi, la decisione di rivolgersi al mercato nero può essere dettata dalla necessità di risparmiare, anche a costo di rinunciare alla qualità e alla sicurezza dei prodotti e dei servizi offerti.

Confronto con l’europa: un’opportunità sprecata

L’Italia si distingue negativamente nel panorama europeo per l’elevata aliquota IVA applicata ai prodotti e servizi per animali domestici. In molti altri paesi, infatti, sono previste agevolazioni fiscali per questo settore, con aliquote ridotte che variano dal 5% al 10%. Questa diversità di trattamento fiscale crea una disparità competitiva tra le imprese italiane e quelle degli altri paesi europei, penalizzando il nostro settore e limitandone le potenzialità di crescita.
In Germania, ad esempio, l’IVA sugli alimenti per cani e gatti è pari al 7%, mentre in Spagna, nel 2018, il governo ha approvato una riduzione dell’IVA sui servizi veterinari dal 21% al 10%. Altri paesi, come la Francia e il Regno Unito, applicano aliquote IVA ridotte a determinati prodotti e servizi per animali domestici, come ad esempio i farmaci, i vaccini e i servizi di toelettatura.
La scelta di applicare aliquote IVA ridotte è motivata dalla volontà di sostenere il settore della pet economy, considerato un importante motore di crescita economica e occupazionale. Le agevolazioni fiscali incentivano i consumi, favoriscono la domanda di prodotti e servizi di qualità, contrastano l’elusione fiscale e aumentano il gettito per lo stato. Inoltre, contribuiscono a migliorare il benessere degli animali domestici, promuovendo la loro cura e prevenendo l’abbandono.

L’Italia, con la sua IVA al 22%, si pone in una posizione di svantaggio rispetto agli altri paesi europei, perdendo un’opportunità di crescita economica e di gettito fiscale. La mancata adozione di agevolazioni fiscali per il settore della pet economy rappresenta una scelta politica miope, che penalizza le imprese, i consumatori e gli animali domestici.

Verso una riforma fiscale per il settore pet economy

È giunto il momento di avviare una seria riflessione sulla riforma del sistema fiscale applicato al settore della pet economy. Diverse forze politiche hanno manifestato interesse per la questione, presentando proposte di legge volte a ridurre l’IVA su alimenti e cure veterinarie. L’obiettivo è quello di allineare l’Italia agli altri paesi europei, creando un ambiente fiscale più favorevole alla crescita del settore.

Una possibile soluzione potrebbe essere l’introduzione di un’IVA agevolata per i prodotti e servizi essenziali per la salute e il benessere degli animali domestici, come alimenti specifici, cure veterinarie, servizi di toelettatura e prodotti per l’igiene. Questa misura stimolerebbe i consumi, incentiverebbe la domanda di prodotti di qualità, contrasterebbe l’elusione fiscale e aumenterebbe il gettito per lo stato. Inoltre, favorirebbe la creazione di nuovi posti di lavoro e la crescita delle imprese del settore.
Parallelamente alla riforma fiscale, è necessario rafforzare i controlli sul mercato nero, per contrastare il commercio illegale di animali e prodotti contraffatti. Questo obiettivo può essere raggiunto attraverso una maggiore collaborazione tra le forze dell’ordine, le autorità sanitarie e le associazioni di categoria. È inoltre fondamentale sensibilizzare i consumatori sui rischi connessi all’acquisto di prodotti e servizi non certificati, promuovendo la cultura della legalità e della trasparenza.

Solo attraverso una combinazione di misure fiscali e di controllo sarà possibile sfruttare appieno il potenziale della pet economy italiana, a beneficio delle imprese, dei consumatori e del benessere animale. È un’opportunità da non sprecare, per dare un nuovo impulso alla crescita economica del nostro paese e per migliorare la qualità della vita dei nostri amici a quattro zampe.

Considerazioni finali: un investimento nel futuro

In conclusione, la questione dell’IVA nel settore della pet economy non è solo un problema fiscale, ma una questione di scelte politiche e di visione del futuro. Sostenere questo settore significa investire nella crescita economica, nella creazione di posti di lavoro, nel benessere degli animali e nella qualità della vita dei cittadini. È un investimento che può generare benefici per l’intera società, a patto che si adottino politiche lungimiranti e si superino gli ostacoli che frenano il suo sviluppo. Un concetto base di economia applicabile a questo tema è quello dell’elasticità della domanda al prezzo. Se la domanda di prodotti e servizi per animali domestici è elastica, ovvero se la quantità domandata varia sensibilmente in risposta alle variazioni di prezzo, allora una riduzione dell’IVA potrebbe stimolare significativamente i consumi, generando un aumento del gettito fiscale complessivo.

Un concetto più avanzato è quello della curva di Laffer, che ipotizza l’esistenza di un’aliquota fiscale ottimale, in grado di massimizzare il gettito fiscale. Se l’aliquota IVA del 22% è superiore a questo livello ottimale, allora una sua riduzione potrebbe portare a un aumento del gettito fiscale, grazie alla maggiore attività economica generata dal settore.
Ti invito a riflettere su questi concetti e a valutare criticamente le implicazioni delle politiche fiscali sul settore della pet economy. Solo attraverso una maggiore consapevolezza e un dibattito informato sarà possibile trovare le soluzioni migliori per sostenere questo settore e per migliorare la qualità della vita dei nostri amici animali.


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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