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- Nel giugno 2024, circa 80 precari all'Unical con contratti "precarissimi".
- In Calabria, 9 contratti su 10 sono a tempo determinato.
- Marica ha iniziato a lavorare a novembre 2024, stipendio a gennaio 2025.
Il caso Unical
Il precariato nel mondo accademico italiano rappresenta una sfida complessa, le cui conseguenze si estendono ben oltre la sfera individuale dei ricercatori, influenzando in modo significativo il tessuto economico e sociale delle regioni in cui gli atenei operano. L’Università della Calabria (Unical), istituzione di notevole importanza per il territorio calabrese, funge da esempio emblematico per analizzare come l’instabilità lavorativa dei suoi ricercatori incida sulla capacità di spesa, sull’accesso al credito e sulla propensione all’investimento, con ripercussioni dirette sul mercato immobiliare, sul commercio locale e sulla nascita di nuove imprese. La situazione di incertezza che caratterizza il precariato accademico genera una spirale di conseguenze negative che minano la crescita economica regionale e limitano le opportunità per i giovani talenti.
La mancanza di stabilità lavorativa rappresenta il principale ostacolo per la pianificazione finanziaria a lungo termine. Un giovane ricercatore precario, costretto a confrontarsi con contratti a termine spesso rinnovati con difficoltà, difficilmente potrà programmare il proprio futuro economico. Tale incertezza si traduce in una minore propensione alla spesa, in particolare per beni durevoli come l’acquisto di un’abitazione o di un’automobile, e in una maggiore difficoltà nell’ottenere finanziamenti bancari. Gli istituti di credito, infatti, tendono a considerare i contratti a tempo determinato come meno affidabili, rendendo più complesso l’accesso al credito per i giovani precari. Questa situazione, in ultima analisi, frena lo sviluppo del mercato immobiliare e del commercio locale, settori chiave per la crescita economica della regione.
L’instabilità economica derivante dal precariato accademico incide negativamente anche sulla propensione all’investimento. I giovani ricercatori, gravati da contratti a termine e da stipendi incerti, sono meno propensi a investire in nuove attività imprenditoriali o a sostenere iniziative locali. Questo si traduce in una minore creazione di posti di lavoro e in un impoverimento del tessuto economico regionale. La mancanza di opportunità di lavoro stabili e ben retribuite spinge molti giovani talenti calabresi a cercare fortuna altrove, depauperando ulteriormente il capitale umano della regione. Il circolo vizioso del precariato, quindi, si autoalimenta, ostacolando la crescita economica e lo sviluppo sociale della Calabria.
L’accesso al credito, aspetto cruciale dell’economia finanziaria personale, viene compromesso dalla precarietà. La difficoltà di ottenere finanziamenti per l’acquisto di beni durevoli o per l’avvio di nuove attività imprenditoriali limita le opportunità di crescita economica e di miglioramento del tenore di vita dei giovani ricercatori. Le banche, come detto, tendono a privilegiare i contratti a tempo indeterminato, considerati più sicuri e affidabili, penalizzando di fatto i lavoratori precari. Questa disparità di trattamento contribuisce ad ampliare il divario tra chi ha un lavoro stabile e chi è costretto a vivere nell’incertezza, accentuando le disuguaglianze sociali ed economiche.

La testimonianza diretta: l’esperienza di una docente precaria
La voce di chi vive quotidianamente la precarietà accademica offre uno spaccato significativo della realtà. Marica Barbaritano, docente precaria di Economia aziendale, ha condiviso la sua esperienza, illustrando le difficoltà economiche che deve affrontare. La sua testimonianza mette in luce come l’instabilità lavorativa influenzi la sua capacità di spesa e la sua propensione a investire nel futuro. Marica ha descritto come la sua situazione contrattuale le impedisca di avere una regolarità nello stipendio, una condizione che rende difficile la pianificazione finanziaria e limita le sue opportunità di crescita personale e professionale. “Ho iniziato a lavorare a novembre 2024 e ho percepito il primo stipendio a fine gennaio 2025, una cosa vergognosa”, ha affermato, sottolineando l’assurdità di una situazione che la costringe a vivere nell’incertezza economica.
La docente ha inoltre evidenziato i costi elevati che deve sostenere per la sua formazione e per l’abilitazione all’insegnamento, spese che gravano pesantemente sul suo bilancio familiare e che limitano ulteriormente la sua capacità di spesa. “Ottocento euro per una settimana in agosto: troppi”, ha commentato, riferendosi ai prezzi esorbitanti degli alloggi in Calabria, che le impediscono di tornare nella sua regione d’origine durante le vacanze. Questa situazione, ha sottolineato, la priva della possibilità di mantenere un legame con le sue radici e di contribuire all’economia locale attraverso il turismo e il consumo di beni e servizi. La testimonianza di Marica Barbaritano, quindi, rappresenta un esempio concreto di come il precariato accademico incida negativamente sulla vita dei singoli ricercatori e, di conseguenza, sull’economia regionale.
La condizione di precarietà non inficia solamente la situazione economica, ma anche la possibilità di poter fare progetti a lunga scadenza. L’impossibilità di pianificare il proprio futuro lavorativo, la certezza di non poter accedere al credito, e la difficoltà di potersi permettere una vita dignitosa, sono tutti elementi che rendono difficile la vita dei precari e che, conseguentemente, si ripercuotono sul tessuto economico e sociale della regione. Marica, come tanti altri precari, è costretta a vivere in una condizione di incertezza perenne, senza la possibilità di poter realizzare i propri sogni e di contribuire attivamente alla crescita del territorio.
La mancanza di opportunità di lavoro stabili e ben retribuite spinge molti giovani talenti calabresi a cercare fortuna altrove, depauperando ulteriormente il capitale umano della regione. Il circolo vizioso del precariato, quindi, si autoalimenta, ostacolando la crescita economica e lo sviluppo sociale della Calabria. La testimonianza di Marica Barbaritano rappresenta un grido d’allarme per una situazione insostenibile che richiede interventi urgenti e mirati da parte delle istituzioni e della politica.
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I numeri del precariato all’Unical e le sue conseguenze
I dati relativi al precariato all’Unical forniscono un quadro allarmante della situazione. Nel giugno 2024, si contavano circa 80 precari con contratti di collaborazione “precarissimi”, secondo quanto riportato dal sindacato USB. Questi lavoratori, spesso con anni di esperienza alle spalle, si trovano in una condizione di profonda incertezza, senza garanzie per il futuro. La mancanza di stabilità lavorativa non solo lede i diritti dei singoli, ma ha un impatto negativo sull’economia locale. La precarietà, infatti, incide direttamente sulla capacità di spesa dei lavoratori, limitando la domanda di beni e servizi e frenando lo sviluppo del mercato immobiliare. In Calabria, il precariato è un problema diffuso, con “9 contratti su 10 a tempo determinato”, secondo quanto riportato da lacnews24.it. Questo dato, sebbene non specifico per l’Unical, conferma la gravità della situazione e la necessità di interventi urgenti e mirati.
La situazione di precariato diffuso genera un clima di incertezza e di sfiducia nel futuro, con conseguenze negative per l’economia regionale. I giovani, scoraggiati dalla mancanza di opportunità di lavoro stabili e ben retribuite, tendono a emigrare verso altre regioni o verso l’estero, depauperando il capitale umano della Calabria. La mancanza di investimenti e la difficoltà di accesso al credito, inoltre, contribuiscono a frenare lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali e a limitare la crescita economica. Il precariato, quindi, rappresenta un ostacolo significativo per lo sviluppo della Calabria e per la sua capacità di competere con le altre regioni italiane.
La precarietà lavorativa incide anche sulla qualità della ricerca e dell’insegnamento all’interno dell’Unical. I ricercatori precari, gravati da contratti a termine e da stipendi incerti, sono meno motivati a investire nella propria formazione e a dedicarsi alla ricerca scientifica. Questo si traduce in una minore produzione scientifica e in un calo della qualità dell’insegnamento, con conseguenze negative per la reputazione dell’ateneo e per la sua capacità di attrarre studenti e finanziamenti. Il circolo vizioso del precariato, quindi, si autoalimenta, minando la qualità dell’istruzione e della ricerca e ostacolando lo sviluppo dell’Unical e della Calabria.
È necessario, quindi, intervenire con urgenza per affrontare il problema del precariato all’Unical e in generale in Calabria. Le istituzioni e la politica devono mettere in atto misure concrete per favorire la stabilizzazione dei precari, per incentivare la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti e per sostenere lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali. Solo in questo modo sarà possibile invertire la tendenza negativa e creare un futuro più prospero per la Calabria e per i suoi giovani talenti. Investire nella stabilizzazione dei precari significa investire nel futuro della regione e nella sua capacità di competere con le altre regioni italiane e con il resto del mondo.
Politiche per un futuro stabile: investire nel capitale umano
Per affrontare il problema del precariato all’Unical e in Calabria, è necessario un cambio di paradigma, passando da politiche di sostegno temporaneo a interventi strutturali che favoriscano la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti. Le istituzioni e la politica devono mettere in atto misure concrete per incentivare la stabilizzazione dei precari, per sostenere lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali e per promuovere la formazione e la qualificazione dei giovani talenti. È necessario, inoltre, creare un clima favorevole agli investimenti e all’innovazione, in modo da attrarre capitali e imprese in Calabria e da favorire la crescita economica e lo sviluppo sociale della regione.
La stabilizzazione dei precari deve essere una priorità assoluta. È necessario mettere in atto procedure concorsuali trasparenti e meritocratiche che valorizzino l’esperienza e le competenze dei lavoratori precari e che garantiscano loro un futuro stabile e dignitoso. La stabilizzazione dei precari, infatti, non solo rappresenta un atto di giustizia nei confronti di chi ha lavorato per anni con impegno e dedizione, ma anche un investimento per il futuro dell’Unical e della Calabria. I lavoratori stabilizzati, infatti, sono più motivati a investire nella propria formazione e a dedicarsi alla ricerca scientifica e all’insegnamento, contribuendo a migliorare la qualità dell’istruzione e della ricerca e a rafforzare la reputazione dell’ateneo.
Parallelamente alla stabilizzazione dei precari, è necessario incentivare la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti. Le istituzioni e la politica devono mettere in atto misure concrete per sostenere le imprese che assumono lavoratori a tempo indeterminato e per favorire la nascita di nuove attività imprenditoriali. È necessario, inoltre, promuovere la formazione e la qualificazione dei giovani talenti, in modo da fornire loro le competenze necessarie per competere nel mercato del lavoro e per contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale della Calabria. Investire nel capitale umano significa investire nel futuro della regione e nella sua capacità di affrontare le sfide del XXI secolo.
In conclusione, il precariato all’Unical e in Calabria rappresenta un problema complesso che richiede interventi urgenti e mirati da parte delle istituzioni e della politica. La stabilizzazione dei precari, la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti e la promozione della formazione e della qualificazione dei giovani talenti sono le chiavi per invertire la tendenza negativa e per creare un futuro più prospero per la Calabria e per i suoi giovani. Affrontare il problema del precariato significa investire nel futuro economico e sociale del territorio, offrendo ai giovani la possibilità di costruire un futuro stabile e prospero nella propria regione.
Uno sguardo più ampio: educazione finanziaria e investimento nel futuro
Amici lettori, dopo aver analizzato il caso del precariato all’Unical e il suo impatto sull’economia regionale, vorrei condividere con voi una riflessione più ampia sull’importanza dell’educazione finanziaria e dell’investimento nel futuro. Una delle nozioni base che ci insegnano i migliori economisti è che la stabilità economica individuale è strettamente legata alla capacità di gestire le proprie finanze in modo consapevole e responsabile. Questo significa, in pratica, saper risparmiare, pianificare le spese, investire in modo oculato e proteggersi dai rischi finanziari.
Ma cosa significa tutto questo in un contesto di precariato e incertezza economica? Significa che è ancora più importante acquisire le competenze necessarie per gestire al meglio le proprie risorse, anche se limitate. Significa imparare a risparmiare anche quando si hanno entrate irregolari, a pianificare le spese in modo da non farsi sopraffare dalle difficoltà e a cercare opportunità di investimento che possano generare un reddito extra o proteggere il proprio patrimonio dall’inflazione. I migliori economisti italiani e internazionali, ci spingono ad informarci, leggere, studiare e sperimentare attivamente.
Una nozione più avanzata che possiamo applicare al tema del precariato è quella della “diversificazione degli investimenti”. In un contesto di incertezza economica, è fondamentale non concentrare tutti i propri risparmi in un’unica forma di investimento, ma diversificare il portafoglio, scegliendo strumenti finanziari che abbiano caratteristiche diverse e che siano in grado di compensare le eventuali perdite di uno con i guadagni di un altro. Inoltre, è importante investire nella propria formazione e qualificazione professionale, in modo da aumentare le proprie competenze e la propria capacità di trovare lavoro, anche in un contesto di precariato.
Il precariato è una sfida complessa che richiede interventi strutturali da parte delle istituzioni e della politica, ma anche un impegno individuale da parte di ciascuno di noi. Acquisire le competenze necessarie per gestire al meglio le proprie finanze e investire nel proprio futuro è un passo fondamentale per superare le difficoltà e per costruire una vita più stabile e prospera, anche in un contesto di incertezza economica.







