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- Capitalizzazione stablecoin: balzo da 20 a quasi 250 miliardi $ in 5 anni.
- Oltre l'83% delle stablecoin è ancorato al valore del dollaro.
- Regolamento MiCA: emittenti UE devono tenere fino al 60% riserve in banche europee.
Le stablecoin sono emerse principalmente come *strumenti ideali per facilitare le operazioni commerciali nell’universo delle criptovalute; tuttavia, hanno cominciato a delinearsi come uno spazio contestato sul piano geopolitico. In un arco temporale sorprendentemente breve – soltanto cinque anni – la loro capitalizzazione ha conosciuto un balzo notevole: da 20 fino a quasi 250 miliardi di dollari. Questo fenomeno rappresenta non solo l’avanzamento tecnologico, ma riflette anche una precisa intenzionalità strategica degli Stati Uniti nell’intento di cementare la propria egemonia monetaria.
Un dato significativo è che oltre l’83% delle stablecoin è ancorato al valore del dollaro americano; ciò funge da prova eloquente del metodo attraverso cui Washington utilizza questi mezzi finanziari per rafforzare l’influenza globalmente riconosciuta. Un attore chiave in questo scenario è Tether, con i suoi 150 miliardi di dollari in capitalizzazione: questa azienda conserva significativi investimenti in Treasury americani, contribuendo così a creare una persistente domanda verso il debito statunitense proprio mentre si registrano deficit pubblici senza precedenti negli USA. Non meno intrigante appare poi l’emissione della stablecoin USD1 ad opera della World Liberty Financial – impresa riconducibile alla famiglia Trump – che suscita domande rilevanti circa gli aspetti politici implicati dietro tali mosse economiche.

Il Genius Act e la Regolamentazione delle Stablecoin
Attualmente, il Congresso degli Stati Uniti è impegnato nell’analisi del Genius Act, un provvedimento legislativo che intende normare l’ambito delle stablecoin. Dopo aver già ricevuto l’approvazione dal Senato, questa normativa richiede che gli emittenti con un valore complessivo superiore ai 10 miliardi di dollari mantengano riserve completamente adeguate e assicura ai possessori dei token un trattamento preferenziale nel caso si verifichi un default. L’obiettivo principale di questa iniziativa è convertire le stablecoin in una sorta di piccoli fondi monetari, favorendo così l’ingresso nel mercato anche per giganti bancari quali JPMorgan e Citigroup, permettendo loro l’emissione autonoma delle rispettive stablecoin. Ciò renderebbe più rapidi i pagamenti internazionali e tutelerebbe i clienti dall’abbandono verso operatori attivi nelle criptovalute o grandi realtà commerciali.
Allo stesso modo, importanti attori nel settore del commercio elettronico – come Walmart, Amazon ed Expedia – stanno considerando seriamente l’opportunità di introdurre le proprie stablecoin al fine di superare strumenti tradizionali quali Visa e Mastercard nonché circuiti bancari convenzionali. Shopify ha addirittura reso noto che accetterà transazioni in USDC offrendo inoltre un cashback dell’1%. Tuttavia, resta da comprendere se ci troviamo davanti a una vera innovazione o se stiamo assistendo semplicemente a una ristrutturazione superficiale della tecnologia esistente. Si osserva come le stablecoin siano comparabili ai fondi monetari; in questo caso, gli interessi generati dai Treasury vengono attribuiti agli emittenti anziché agli utilizzatori. È cruciale sottolineare anche che chi decide di investire in stablecoin non riceve le stesse garanzie federali offerte sui depositi bancari.
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La “Re-Dollarizzazione” del Pianeta
Il vero motore della spinta americana sulle stablecoin è di natura geopolitica: una grande operazione di “re-dollarizzazione” del pianeta. L’amministrazione americana intende diminuire il potere d’acquisto del dollaro per potenziare l’export dell’industria nazionale, contemporaneamente sostenendo un elevato interesse verso i titoli di debito pubblico. Questo intento, apparentemente in antitesi, potrebbe essere raggiunto, almeno in teoria, grazie alle stablecoin. L’amministrazione di Washington è cosciente che gli abitanti di molti Paesi emergenti non confidano nelle loro monete nazionali e considerano le stablecoin una soluzione ideale: essendo legate al dollaro, oscillano liberamente rispetto alle valute locali, mettendo in discussione la sovranità monetaria dei governi e agendo da strategia insidiosa sul fronte finanziario. In Europa, questa strategia non è passata inosservata. Christine Lagarde ha espresso preoccupazione per il rischio di fuga di capitali dall’euro verso stablecoin in dollari, un fenomeno che un tempo sarebbe stato definito dollarizzazione, ma che oggi è più appropriato chiamare re-dollarizzazione made in Usa. Il regolamento europeo MiCA richiede che gli emittenti delle stablecoin conservino fino al 60% delle loro riserve all’interno delle istituzioni bancarie europee; tale disposizione ha la potenziale conseguenza di imitare il modello cinese in cui le valute yuan onshore e offshore sono distinte. In contrasto con questo scenario normativo, si colloca l’approccio degli Stati Uniti che si caratterizza per un’ambiguità strategica, conferendo autorità discrezionale nell’identificazione dei soggetti da integrare nel sistema del dollaro o escluderne altri. Un esempio significativo in tal senso è rappresentato dal caso Tether: questa compagnia opera a El Salvador, nazione che è divenuta un’importante via per le transazioni in dollari offshore, colmando i vuoti determinati dalla cessazione dei servizi bancari statunitensi verso numerosi paesi successivamente alla crisi economica del 2008.
Stablecoin: Opportunità o Minaccia per la Sovranità Monetaria?
Il fenomeno delle stablecoin si configura come una novità rilevante nel panorama finanziario mondiale, dotata di notevoli ripercussioni sul piano geopolitico. Negli Stati Uniti queste sono interpretate come strumenti finalizzati a consolidare il predominio del dollaro e a incentivare innovazioni tecniche; d’altra parte, in Europa sussiste una preoccupazione attinente alla possibilità di compromettere la sovranità monetaria ed assistere a un esodo di capitali verso valute digitali collegate al dollaro stesso. Il discorso sulla necessità di regolare le stablecoin si presenta intriso di complessità: è essenziale trovare quel punto d’equilibrio fra favorire nuove iniziative imprenditoriali e salvaguardare tanto gli investitori quanto l’integrità del sistema economico-finanziario complessivo. Con il suo regolamento MiCA, l’Unione Europea adotta tendenze prudenti rispetto all’approccio più libero statunitense; tuttavia tale orientamento cauteloso può ridurre spazi vitali per le dinamiche innovative nel campo delle criptovalute. Si profila così uno scenario in cui diverse metodologie normative potrebbero generare divisione all’interno del mercato globale dedicato alle stablecoin; ciò comporterebbe esiti imprevedibili sulla stabilizzazione economica dei vari Stati interessati. Si sta delineando un’iniziativa da parte degli Stati Uniti per riaffermare la propria supremazia nel sistema finanziario globale, facendo leva su principi e strategie autarchiche. Questa operazione è senza dubbio innovativa e ingegnosa, tuttavia è fondamentale che si verifichi la sua reale efficacia.
Riflessioni Finali: Navigare nel Mondo delle Stablecoin
È essenziale apprendere il significato delle stablecoin all’interno del contesto finanziario globale per chi desidera amministrare efficacemente le proprie finanze e investimenti. Un elemento fondamentale da considerare è rappresentato dal rischio della controparte, che implica l’incertezza riguardo alla capacità dell’emittente della stablecoin nell’adempiere ai suoi impegni; ad esempio, potrebbe risultare incapace di garantire un cambio della stablecoin in dollari secondo il tasso predefinito. Tale evenienza assume particolare rilevanza quando ci si trova dinanzi a emissioni effettuate da organismi privi di un adeguato regime normativo o caratterizzati da scarse informazioni sulle loro riserve.
Altro aspetto importante riguarda invece la sovranità monetaria. Con questo termine ci si riferisce all’autorità esclusiva degli Stati nel determinare le linee guida della loro politica economica tramite l’emissione della valuta nazionale. Quando cresce l’utilizzo delle stablecoin collegate alle valute estere — come quella statunitense — c’è il rischio che questa dinamica possa compromettere tale sovranità economica interna del Paese stesso, riducendo così le sue opzioni nella conduzione delle politiche fiscali ed economiche locali. La necessità di esaminare le conseguenze derivanti dall’espansione del mercato delle stablecoin* sul nostro sistema finanziario è cruciale, così come quella di valutare il compito che le istituzioni democratiche rivestono nel monitoraggio dell’emissione monetaria. Ci si deve interrogare se sia opportuno affidare il controllo monetario a organismi privati, rischiando in tal modo una perdita significativa della sovranità finanziaria e dell’abilità di intervenire sull’economia stessa. Tale questione è vitale mentre ci addentriamo nel campo emergente delle stablecoin.
- Pagina ufficiale di Tether con informazioni su trasparenza e riserve.
- Sito ufficiale del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, cruciale per comprendere le politiche monetarie.
- Testo integrale del GENIUS Act, normativa USA per regolamentare le stablecoin.
- Documentazione ufficiale di Shopify sull'accettazione di pagamenti in USDC.







